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Obblighi di trasparenza per soggetti privati

L’Autorità nazionale anticorruzione ha recentemente ribadito, attraverso la delibera n. 24 del 17 gennaio 2024, che sono soggette agli obblighi di trasparenza e pubblicità anche le società interamente private con bilancio superiore a 500.000,00 euro che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore della Pubblica Amministrazione o di gestione di servizi pubblici, come già indicato dall’art. 2 bis, comma 3, del D. Lgs.14/03/2013, n. 33.

Ad esse, pertanto, si applica la medesima disciplina prevista per gli enti pubblici, in quanto compatibile e limitatamente ai dati e ai documenti inerenti all'attività di pubblico interesse.
Ciascuna società deve quindi predisporre, sul proprio sito internet aziendale, un’ apposita sezione denominata “Società Trasparente” all’interno della quale dovrà caricare, secondo la griglia allegata alla Delib. ANAC 08/11/2017, n. 1134, la documentazione inerente alle proprie attività legate alla P.A.
Infine dovrà attivarsi per l’annuale “Attestazione sull’assolvimento degli obblighi di pubblicazione”.

CDA Studio Legale Tributario si rende disponibile a supportare le aziende per il suddetto adempimento.

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Calendario webinar gratuiti 2024

Gli eventi gratuiti on-line di formazione e aggiornamento sulle tematiche di maggior attualità per le aziende. 

11 AprileWelfare aziendale: i benefici e le opportunità per l'impresa - dalle ore 11.00 alle 11.30 -> clicca per iscriverti

A breve saranno disponibili gratuitamente sul canale Youtube di CDA Studio Legale Tributario le registrazioni di tutti i webinar già svolti:
- Sostenibilità ESG: quali vantaggi e le soluzioni da adottare 
- Carbon Footprint aziendale: cos’è e perché è importante 
- Adeguati assetti d’impresa e il Modello 231/01 
- Parità di genere aziendale: cos’è e come raggiungerla

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Legge di Bilancio per il 2024 – novità fiscali

Il 30 dicembre 2023 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge di Bilancio per il 2024, Legge n. 213/2023, entrando in vigore come di consueto a partire dal 1° gennaio di quest’anno.
Con il presente contributo si richiamano, in sintesi, le principali novità introdotte in ambito fiscale.

Fringe benefit aziendali e premi produttività
Ai commi n.16-17 viene previsto per il 2024 l’aumento temporaneo della soglia di non imponibilità dei fringe benefit (di norma 258,23 euro).
In deroga a quanto previsto dall’art. 51, c. 3 del Tuir, non concorrono a formare il reddito, entro il limite complessivo dei 1.000 euro, il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti, nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi lavoratori dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale, delle spese per l’affitto della prima casa ovvero per gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa.
Il limite è elevato a 2.000 euro per i soli lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico.
I datori di lavoro provvedono all’attuazione della disposizione previa informativa alle rappresentanze sindacali unitarie laddove presenti.
Il limite dei 2.000 euro si applica al lavoratore che fornisce al datore di lavoro un’autodichiarazione nella quale indica il codice fiscale dei figli fiscalmente a carico (o dell’unico figlio).
Resta fermo il principio secondo cui, qualora il valore del fringe risulti complessivamente superiore ai limiti sopra citati (1.000 euro o 2.000), l’intero valore rientra nell’imponibile fiscale.

Viene poi confermata al 5% l’aliquota dell’imposta sostitutiva sui premi di produttività erogati dal datore di lavoro ai propri dipendenti.
In particolare, la detassazione si applica ai premi di risultato corrisposti in esecuzione dei contratti aziendali o territoriali, in relazione ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione e alle somme pagate a titolo di partecipazione agli utili, entro il limite complessivo di 3.000 euro annui.
Si evidenzia che la soglia è elevata a 4.000 euro per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori.
Questo meccanismo prevede la partecipazione dei lavoratori attraverso schemi organizzativi orientati ad accrescere la motivazione del personale e a coinvolgerlo in modo attivo nei processi di innovazione.

Riapertura dei termini per la rivalutazione di terreni e partecipazioni
La Legge di Bilancio 2024 conferma la riapertura dei termini per la rivalutazione partecipazioni e terreni posseduti dal 1° gennaio 2024, fissandone la scadenza al 30 giugno 2024.
La misura, ormai nota, è quella proposta originariamente dalla legge 448/2001 e poi ripetutamente prorogata che consente di sostituire al costo storico di determinati beni:
- partecipazioni quotate;
- partecipazioni non quotate;
- terreni edificabili;
- terreni con destinazione agricola
il valore risultante dalla perizia di stima, mediante l’assolvimento di un’imposta sostitutiva sul c.d. “valore di perizia” nella misura del 16%, allo scopo di ridurre o azzerare la plusvalenza emergente in ipotesi di cessione.

Di seguito si presenta una breve sintesi su tale opportunità:

AMBITO SOGGETTIVO – Soggetti destinatari dell’agevolazione
I soggetti in capo ai quali è ammissibile la rivalutazione sono i seguenti:

  • persone fisiche (non esercenti attività d’impresa);
  • società semplici e associazioni ad esse equiparate ai sensi dell’art. 5 TUIR;
  • enti non commerciali per quel che attiene alle attività non inerenti all’attività d’impresa;
  • soggetti non residenti, privi di stabile organizzazione in Italia.
  • In linea generale, rimangono sempre esclusi dall’agevolazione i titolari di reddito d'impresa.

    AMBITO OGGETTIVO – Beni/titoli partecipativi ammessi alla rivalutazione
    I già menzionati soggetti possono beneficiare della rivalutazione se risultano titolari di:
  • Partecipazioni rappresentate da titoli (azioni) quotati e non;
  • Quote di partecipazione al capitale di società non rappresentate da titoli (quote di S.r.l. o di società di persone);
  • Terreni edificabili e con destinazione agricola
  •  

    Condizioni necessarie per beneficiare della rivalutazione
    Per poter accedere alla rivalutazione, tre sono gli adempimenti da attuare: si tratta rispettivamente della perizia di stima, del versamento dell’imposta sostitutiva e della compilazione di un quadro di monitoraggio all’interno del Modello Redditi 2025.

    1. PERIZIA DI STIMA
    La redazione della perizia di stima deve avvenire a cura di un professionista abilitato, il quale è chiamato entro il 30.06.2024 ad attestare il plusvalore di terreni/partecipazioni rispetto al costo storico di tali assets. Si tratta, in particolare:
  • per le partecipazioni, gli iscritti all’albo dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali, e gli iscritti nell’elenco dei revisori legali dei conti;
  • per i terreni, gli iscritti agli albi degli ingegneri, degli architetti, dei geometri, dei dottori agronomi, degli agrotecnici, dei periti agrari e dei periti industriali edili.
    1. VERSAMENTO DELL’IMPOSTA SOSTITUTIVA
    La rivalutazione si perfeziona poi con il versamento dell’imposta sostitutiva sempre entro il 30.06.2024, fissata nella misura del 16%. Tale adempimento dovrà avvenire tramite F24, con versamento unico, ovvero in tre rate annuali di pari importo con maggiorazione del 3% annuo a decorrere dalla seconda rata.
    Il versamento dell’imposta sostitutiva, come anticipato, permette il riconoscimento fiscale dei maggiori valori che emergono dalla perizia asseverata, determinando così un minore carico fiscale per le plusvalenze realizzate in sede di future cessioni. La base imponibile su cui calcolare il 16% è calcolata:
  • sull’intero valore della perizia, come ribadito anche nella circolare 1/E/2021 dell'Agenzia delle Entrate;
  • sul valore normale determinato ai sensi dell’art. 9, comma 4, lettera a), TUIR, con riferimento al mese di dicembre 2023, a condizione che il predetto valore sia assoggettato a una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, ossia sulla media aritmetica dei prezzi rilevati nel mese di dicembre 2023, per quote e diritti negoziati nei mercati regolamentati.
    1. INDICAZIONI NEL MODELLO REDDITI 2025 (Anno d’imposta 2024)
    I contribuenti che accedono alla rivalutazione sono chiamati alla compilazione di un apposito quadro di monitoraggio all’interno della dichiarazione dei Redditi.

    Locazioni brevi e cedolare secca. Conguaglio IMU 2023
    Nel contesto della locazione di immobili ad uso abitativo, dove sia la parte locatrice che conduttrice sono costituite da persone fisiche non esercenti attività d’impresa (senza partita IVA), è concesso dal legislatore l’applicazione della cosiddetta “cedolare secca” sui proventi da dette locazioni, ovvero una tassazione sostitutiva rispetto al cosiddetto “regime ordinario” progressivo (IRPEF + addizionali). La cedolare secca è applicata scontando un’aliquota 10% nel particolare caso dei contratti a canone concordato, altrimenti al 21% sui contratti a canone libero.
    Nel caso in cui, però, la locazione sia “breve” ovvero con durata inferiore ai 30 giorni (senza obbligo di registrazione del contratto di locazione) oppure, ancora, nel caso in cui tali “locazioni” avvengano a mezzo di portali telematici con un intermediario a monte, il legislatore ha previsto di mantenere la cedolare secca al 21% solamente nel caso in cui la persona fisica destini a locazione breve un (1) immobile.
    Si premette che, in ogni caso, al di sopra delle quattro (4) unità immobiliari locate con il meccanismo della locazione breve, il legislatore impone l’obbligo dello svolgimento di un’attività d’impresa, quindi l’obbligo di apertura di una posizione IVA e, di conseguenza, imposizione secondo la tassazione ordinaria.
    Detto questo, tra i due (2) ed i quattro (4) immobili locati a breve, la tassazione della cedolare secca aumenta, dal 01/01/2024, al 26%, a partire dal secondo immobile. Pertanto, il contribuente (e locatore) potrà scegliere liberamente, in sede di dichiarazione dei redditi, quale immobile tassare secondo l’aliquota ordinaria del 21% e quale (o quali) tassare secondo l’aliquota maggiorata del 26%.
    Inoltre, il legislatore ha posto l’obbligo in capo alle piattaforme telematiche maggiormente in uso al fine di “stipulare” contratti di soggiorno a breve termine, che siano queste ultime ad effettuare, a monte, nei confronti dei locatori persone fisiche, la ritenuta della cedolare secca nella misura del 21%. Gli importi riscossi a titolo di locazione in corso d’anno andranno quindi inseriti in dichiarazione dei redditi al fine di computare l’imposizione effettiva a conguaglio, da versarsi secondo i termini ordinari.

    Nel 2023 diversi comuni non hanno tempestivamente (ovvero entro il 30/11/2023) trasmesso sul portale dedicato al federalismo fiscale le aliquote per il calcolo dell’IMU per l’anno 2023. Al fine di evitare ammanchi di cassa nei comuni più piccoli e meno strutturati, con la manovra di Bilancio 2024, il Legislatore ha previsto una “deroga”, tale per cui gli enti che non l’avevano già fatto hanno avuto la facoltà di deliberare le aliquote 2023 anche in un momento successivo a tale data e fino al 15/01/2024.
    In caso di mancata delibera, infatti, il contribuente era tenuto a versare con le aliquote trasmesse nei termini di legge più recenti, anche se di anni passati.
    Nel caso in cui, per i comuni che rientrano in questa deroga, il calcolo con le aliquote “in proroga” faccia risultare per il contribuente una maggiore IMU rispetto a quanto già versato nel corso del 2023, quest’ultimo potrà versare la differenza entro la nuova scadenza (una tantum) del 29/02/2024, senza applicazione di interessi e/o sanzioni. Al contrario, nel caso in cui ne risultasse una minore IMU, il soggetto potrà richiedere il rimborso dell’importo versato in eccesso, secondo le procedure ordinarie.
    I comuni interessati da questo provvedimento sono più di 200, tra cui, per prossimità: San Giovanni in Croce (CR), Medole (MN), Monzambano (MN) e Rivarolo Mantovano (MN).

    Plusvalenze per cessione di beni immobili con interventi da Superbonus
    Con la Legge di bilancio 2024 si modifica la normativa sui redditi diversi inerente alle plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di immobili. La modifica interviene per gli immobili sui quali siano stati realizzati interventi agevolati da Superbonus, ai fini pacificamente antielusivi.
    In sostanza, ciò comporta che la plusvalenza derivante dalla cessione dell’immobile oggetto di interventi agevolati con Superbonus, che non siano conclusi da non più di 10 anni all’atto della cessione, sarà tassata con la possibilità di applicare un’imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi pari al 26%.
    Perché la plusvalenza sia considerata un reddito da tassare, devono essere integrate le seguenti condizioni:
  • Devono essere trascorsi meno di 10 anni dalla fine dei lavori alla data dell’atto di cessione;
  • Il fabbricato, tra la fine dei lavori e la cessione, non deve essere stato acquisito per successione, né destinato ad abitazione principale del venditore o ei suoi familiari per la maggior parte del periodo intercorso tra lavori e cessione (10 anni o meno);
  • Per il calcolo della plusvalenza è importante determinare i costi inerenti all’immobile sul quale sono stati effettuati i lavori, con le seguenti particolarità:
    1. Interventi sull’immobile conclusi da non più di 5 anni all’atto della cessione: qualora si sia fruito dell’incentivo del 110% e siano state esercitate le opzioni di cessione del credito o di sconto in fattura, le spese non concorrono alla determinazione della base imponibile.
    2. Interventi sull’immobile conclusi da più di 5 anni ma entro i 10 anni all’atto di cessione: in questo caso si deve considerare il 50% delle spese sostenute, sempre che si sia fruito dell’agevolazione nella misura del 110% mediante le opzioni di cessione del credito o di sconto in fattura.
    Inoltre, per i medesimi immobili oggetto di lavori, acquisiti o costruiti da oltre 5 anni alla data della cessione, ai fini del calcolo della plusvalenza il costo di acquisto o di costruzione è rivalutato in base alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI).
    Queste disposizioni si applicano alle cessioni effettuate a partire dal 1° gennaio 2024.

    Adeguamento del valore delle rimanenze iniziali
    Ai commi 78-84 della legge di Bilancio, viene data la possibilità agli esercenti attività di impresa che non adottano i principi contabili internazionali di adeguare ai fini fiscali le rimanenze iniziali di magazzino, per il solo periodo d’imposta in corso al 30 settembre 2023, mediante:
    1. Eliminazione delle esistenze iniziali di quantità o valori superiori rispetto a quelli effettivi: in tal caso bisogna provvedere al pagamento:
      1. dell’IVA, determinata applicando l’aliquota mediariferibile all’anno 2023 all’ammontare che si ottiene moltiplicando il valore eliminato per il coefficiente di maggiorazione stabilito, per le diverse attività, con apposito decreto dirigenziale.
    L’aliquota media è data dal rapporto tra l’imposta relativa alle operazioni, al netto di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili, e il volume d’affari.
    1. di una imposta sostitutivadell’IRPEF, dell’IRES e dell’IRAP, in misura pari al 18% da applicare alla differenza tra l’ammontare calcolato con le modalità indicate alla lettera a) ed il valore eliminato.
    1. Registrazione delle esistenze iniziali omesse precedentemente: tale caso comporta il pagamento di una imposta sostitutivadell’IRPEF, dell’IRES e dell’IRAP, in misura pari al 18% da applicare al valore iscritto.
    L’adeguamento deve essere richiesto nella dichiarazione dei redditi e non rileva ai fini sanzionatori di alcun genere.
    Le imposte dovute devono essere versate in due rate di pari importo, la prima entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi e la seconda entro il termine di versamento della seconda o unica rata dell’acconto. 
    L’imposta sostitutiva non è deducibile ai fini delle imposte sui redditi e relative addizionali nonché dell’imposta regionale sulle attività produttive.

    Novità IVIE e IVAFE
    IVIE (Imposta sul valore degli immobili situati all’estero)
    Le persone fisiche residenti in Italia che possiedono immobili all’estero, a qualsiasi uso destinati, hanno l’obbligo di versare l’IVIE, Imposta sul valore degli immobili situati all'estero.
    In particolare, l’imposta è dovuta dai:
  • proprietari di fabbricati, aree fabbricabili e terreni a qualsiasi uso destinati, compresi quelli strumentali per natura o per destinazione destinati ad attività d’impresa o di lavoro autonomo;
  • titolari dei diritti reali di usufrutto, uso o abitazione;
  • concessionari, nel caso di concessione di aree demaniali;
  • locatari, per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria.
  • È bene ricordare che, dal 1° gennaio 2016 l’imposta non si applica al possesso degli immobili adibiti ad abitazione principale (e per le relative pertinenze), e alla casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, che in Italia non risultano classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9.

    SOGGETTI PASSIVI a decorrere dal 2020 sono:
  • le persone fisiche,
  • gli enti non commerciali
  • le società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice,
  • residenti in Italia, che sono tenuti agli obblighi di dichiarazione per gli investimenti e le attività detenuti all’estero.

    NOVITA’ 2024:
    Con decorrenza dal 1° gennaio 2024 l’aliquota dell’IVIE sarà incrementata dallo 0,76% del valore degli immobili all’1,06%, ed è calcolata in proporzione alla quota di possesso e ai mesi dell’anno nei quali il possesso c’è stato (viene conteggiato per intero il mese nel quale il possesso si è protratto per almeno quindici giorni).
    Il versamento non è dovuto se l’importo complessivo non supera i 200 euro e va fatto con modello F24.
    Per quanto concerne gli immobili di lusso, adibiti ad abitazione principale, che in Italia risultano classificati nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, per i quali è possibile, inoltre, detrarre dall’imposta (fino a concorrenza del suo importo complessivo) un ammontare pari a 200 euro, l’aliquota di imposta si attesta allo 0,4%. Nel caso di immobile adibito ad abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione spetta a ciascun soggetto in proporzione alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica.
    Se nello stato estero in cui si trova l’immobile è già stata pagata una tassa di proprietà o altra tassa patrimoniale, questa la si può dedurre dall’IVIE (se, per esempio, in Italia si paga 500 euro di IVIE, ma nel Paese in cui si trova l’immobile sono già stati versati a titolo definitivo 80 euro di imposta patrimoniale sull’immobile, allora in Italia l’IVIE da pagare sarà pari a 420 euro).

    Calcolo
    Ai fini del calcolo, il valore dell’immobile da prendere come riferimento per il pagamento dell’imposta cambia a seconda dello Stato in cui è situato l’immobile: per i Paesi appartenenti alla Unione europea o in Paesi aderenti allo Spazio Economico Europeo (Norvegia e Islanda), il valore da utilizzare è prioritariamente quello catastale; in mancanza del valore catastale, si fa riferimento al costo che risulta dall’atto di acquisto e, in assenza, al valore di mercato riferito alla fine dell’anno (o alla fine del periodo di possesso), rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile; per gli altri Stati, il valore dell’immobile è costituito dal costo risultante dall’atto di acquisto o dai contratti e, in mancanza, dal valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile. 

    IVAFE (imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all'estero)
    L’IVAFE è l’imposta patrimoniale sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero da parte di persone fisiche residenti nel territorio dello Stato.
    È, quindi, un’imposta patrimoniale che si applica sul valore dei prodotti finanziari, conti correnti e libretti di risparmio detenuti all’estero.
    In attuazione della normativa sul monitoraggio fiscale, è necessario segnalare nel modello Redditi, in apposito quadro, l’entità e la consistenza delle attività finanziarie detenute in Paesi esteri. Da questa indicazione, poi, potrebbe scaturire l’obbligo di pagamento dell’IVAFE.
    Sono escluse dall’applicazione dell’IVAFE:
    - le forme di previdenza complementare organizzate o gestite da società ed enti di diritto estero;
    - le attività finanziarie che, nonostante siano detenute all’estero, sono amministrate da intermediari finanziari residenti in Italia;
    - le attività estere fisicamente detenute dal contribuente in Italia.

    SOGGETTI PASSIVI
    I soggetti passivi interessati, oltre alle persone fisiche, sono:
  • gli enti non commerciali, tra cui anche i trust e le fondazioni,
  • le società semplici e gli enti alle stesse equiparati (ex art. 5 del TUIR),
  • residenti in Italia, che sono tenuti agli obblighi di dichiarazione per gli investimenti e le attività detenuti all’estero.

    NOVITA’ 2024
    La base imponibile per l’IVAFE è determinata dal valore di mercato per i prodotti finanziari quotati e dal valore nominale per azioni, obbligazioni e altri strumenti non negoziati nei mercati regolamentati.
    La legge di Bilancio eleva l’aliquota dell’IVAFE dal 2 al 4 per mille annuo per i prodotti finanziari detenuti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato. A questo proposito, deve essere ricordato come il DM 2 luglio 2023 abbia eliminato dall’elenco dei Paesi black list la Svizzera. Tale modifica ha effetto dall’anno 2024 con l’ulteriore conseguenza che l’incremento dell’aliquota IVAFE non potrà riguardare i prodotti detenuti in territorio elvetico.
    Per i conti correnti e i libretti di risparmio l’imposta è stabilita in misura fissa (pari a 34,20 euro per le persone fisiche e a 100 euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche).
    Nel rispetto del divieto della doppia imposizione, dall’IVAFE si deduce, fino a concorrenza del suo ammontare, un credito d’imposta pari all’ammontare dell’eventuale imposta patrimoniale versata nello Stato in cui sono detenuti i prodotti finanziari, i conti correnti e i libretti di risparmio.

    Ritenute sui bonifici da bonus edilizio
    Aumenta la ritenuta sui bonifici parlanti per l’ottenimento delle agevolazioni fiscali.
    Dal 1° marzo 2024 la percentuale passerà dall’8 all’11 per cento per effetto della misura approvata nella nuova Manovra.
    L’articolo 1, comma 88, della Legge di Bilancio 2024, infatti, interviene sulla ritenuta che deve essere applicata da banche e Poste Italiane a titolo di acconto dell’imposta sul reddito dovuta dal beneficiario, nel caso di pagamenti con bonifico, per beneficiare delle detrazioni IRPEF.
    L’aumento interesserà le diverse agevolazioni fiscali, tra le quali i pagamenti relativi a interventi del “superbonus” e degli altri bonus casa. L’innalzamento della ritenuta sui bonifici parlanti riguarda i pagamenti per il riconoscimento delle agevolazioni edilizie.
    Tali bonifici dovranno contenere, come già previsto, le seguenti informazioni:
  • il richiamo normativoin cui rientra l’agevolazione nella causale del versamento;
  • il codice fiscale del beneficiariodell’agevolazione edilizia;
  • il codice fiscale o l’indicazione della partita IVA del destinatario del pagamento.
  • L’IVA da versare dovrà essere esclusa dal calcolo della ritenuta.
    Nel tempo l’aliquota della ritenuta è variata come segue:
  • 10 per cento nel 2010;
  • 4 per cento dal 2011;
  • 8 per cento dal 1° gennaio 2015.
    Con la modifica inserita nella Legge di Bilancio 2024, dal 1° marzo prossimo verrà innalzata all’11 per cento, raggiungendo il valore massimo.
  •  

    Compensazioni crediti previdenziali
    Viene esteso l’obbligo di utilizzare i servizi telematici messi a disposizione dall’A­gen­zia delle Entrate (“F24 on line”, “F24 web” o “F24 intermediari”) per la presentazione dei modelli F24 contenenti compensazioni riferiti a crediti assicurativi e previdenziali.

    Compensazione dei crediti INPS e INAIL
    L’obbligo di utilizzare i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate per la presentazione dei modelli F24 contenenti compensazioni si applica anche ai crediti maturati a titolo di contributi INPS e di premi INAIL.

    Estensione generalizzata ai modelli F24 contenenti compensazioni
    Viene stabilito, in via generalizzata, che i versamenti sono effettuati esclusivamente mediante i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate per la pre­sentazione dei modelli F24, nel caso in cui siano effettuate delle compensazioni.

    Termine iniziale
    Crediti INPS
    La compensazione dei crediti di qualsiasi importo maturati a titolo di contributi nei confronti dell’INPS può essere effettuata:

  • dai datori di lavoro non agricoli:
  • a partire dal quindicesimo giorno successivo a quello di scadenza del termine mensile per la trasmissione in via telematica dei dati retributivi e delle informazioni necessarie per il calcolo dei contributi da cui il credito emerge o dal quindicesimo giorno successivo alla sua presentazione, se tardiva;
  • dalla data di notifica delle note di rettifica passive;
  • dai datori di lavoro che versano la contribuzione agricola unificata per la manodopera agricola, a decorrere dalla data di scadenza del versamento relativo alla dichiarazione di manodopera agricola da cui il credito emerge;
  • dai lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali degli artigiani e commercianti e dai liberi professionisti iscritti alla Gestione separata ex 335/95, a decorrere dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione dei redditi da cui il credito emerge.
  • Crediti INAIL
    La compensazione dei crediti di qualsiasi importo per premi ed accessori maturati nei confronti dell’INAIL può essere effettuata a condizione che il credito certo, liquido ed esigibile sia registrato negli archivi del predetto Istituto.

    Decorrenza
    Le nuove disposizioni si applicano a decorrere dall’1.7.2024.
    In relazione ai crediti INPS e INAIL viene però previsto che la decorrenza dell’ef­fi­ca­cia, anche progressiva, delle nuove disposizioni e le relative modalità di attuazione, saranno definite con provvedimenti adottati d’intesa dall’Agenzia delle Entrate, dall’INPS e dall’INAIL.

     Blocco compensazione crediti
    La legge di Bilancio 2024 introduce il divieto specifico di compensazione in presenza di carichi di ruoli scaduti per importi superiori a euro 100.000; la compensazione non è ammessa nemmeno per eventuali somme in eccedenza.
    Gli aspetti salienti della nuova normativa sono i seguenti:
  • Il divieto di compensazione opera a decorrere dall’1.7.2024;
  • Il divieto si applica in relazione a tutti i contribuenti(persone fisiche, società ed enti);
  • Il divieto si applica alle compensazioni “orizzontali”(o “esterne”), riguardanti crediti e debiti di diversa natura (es. credito IVA con ritenute IRPEF, credito IRES con contributi INPS, ecc.) che avvengono nel modello F24. Salvo diversa interpretazione, il divieto si estende anche alle compensazioni di crediti d’imposta agevolativi da indicare nella dichiarazione dei redditi. La norma non riguarda, invece, le compensazioni “verticali” (o “interne”), per crediti d’imposta usati per compensare debiti riferiti alla stessa imposta;
  • Ai fini del divieto, rilevano i ruoli e gli accertamenti esecutivia condizione che ci sia stato l’affidamento all’Agente della Riscossione. Non inibiscono, quindi, la compensazione i debiti fiscali, ancorché relativi a imposte erariali, non ancora iscritti a ruolo come le comunicazioni bonarie oppure gli avvisi di liquidazione, gli avvisi di recupero dei crediti di imposta o gli accertamenti non esecutivi;
  • Il divieto opera a condizione che sussistano iscrizioni a ruolo per imposte erariali e relativi accessoriper importi complessivamente superiori a euro centomila. Rientrano tra gli “accessori” del debito d’imposta iscritto a ruolo le sanzioni, gli interessi, gli aggi spettanti all’Agente della Riscossione e le altre spese collegate al ruolo, come quelle di notifica della cartella o relative alle procedure esecutivi;
  • La sentenza favorevoledella Corte tributaria, anche se impugnata o comunque non definitiva, posto che è immediatamente esecutiva, inibisce il divieto di compensazione.
  • Il divieto di compensazione, invece, sussiste quando viene presentato il ricorsoe le somme superiori a euro 100.000 risultano iscritte a ruolo e affidate in riscossione (salvo la sospensiva giudiziale oppure amministrativa);
  • l’accoglimento della dilazionedelle somme iscritte a ruolo, anche se seguito dal pagamento della prima rata, non esclude l’operatività divieto di compensazione. Solo il pagamento anche parziale delle somme iscritte a ruolo e accessori riducendo il debito complessivo sotto la soglia di 100.000,00 euro e far venir meno il “blocco” delle compensazioni;
  • Avvalersi della compensazione sussistendone il divieto comporta la sanzione nella misura del 30%ai sensi dell’art. 13 comma 4 del D.lgs. 471/1997. Non è invece chiaro se alla sanzione possa o meno accompagnarsi anche il recupero del credito indebitamente compensato;
  • si prevedono controlli preventivida parte dell’Agenzia delle Entrate che può sospendere, per 30 giorni, l’esecuzione del modello F24 per verificare se sussistono profili di rischio in relazione alle compensazioni
  • CU forfettari e minimi
    Dal 1° gennaio 2024 entra in vigore l’esonero dalla presentazione della CU dei forfettari e di coloro che si avvalgono del regime di vantaggio, c.d. contribuenti “minimi”. L’esonero è giustificato dal fatto che, a decorrere dal 1° gennaio 2024, tutti i contribuenti forfettari e minimi sono obbligati alla emissione della fattura in formato elettronico, consentendo così all’amministrazione finanziaria di avere una informazione completa sui dati reddituali.
    Tuttavia, l’entrata in vigore, prevista dal 2024, determina che entro il prossimo 16 marzo 2024 (essendo sabato slitta al giorno 18 marzo), dovranno essere consegnate le ultime Certificazioni Uniche, relative ai compensi erogati nel 2023.

    Assicurazione contro rischi da catastrofi
    I cambiamenti climatici e il surriscaldamento globale hanno messo in evidenzia i problemi che possono sorgere a seguito di calamità naturali.
    La Legge di Bilancio 2024 ha inserito quindi l’obbligo, per ora solo in capo alle imprese con sede legale in Italia o con sede all’estero ma con stabile organizzazione in Italia, che siano tenute all’iscrizione nel registro delle imprese, di stipulare un’assicurazione su terreni, fabbricati, impianti ed attrezzature industriali per tutelarsi dalle conseguenze di terremoti, inondazioni, frane e altre catastrofi.
    L’obbligo non si applica alle imprese i cui beni immobili risultano gravati da abusi edilizi; escluse anche le società agricole in quanto per queste società opera il fondo mutualistico nazionale per la copertura dei danni catastrofali meteoclimatici istituito dalla legge 234 del 2021.
    Per adempiere senza intercorrere in sanzioni si avrà tempo fino al 31.12.2024.
    Questa disposizione ha l’obiettivo di porre il rischio di tali eventi e i relativi costi a soggetti privati e non solo a carico dello stato che comunque assume il ruolo di coassicuratore.
    Le polizze devono essere destinate alla copertura di danni direttamente cagionati da calamità naturali ed eventi catastrofali verificatisi sul territorio nazionale e nello specifico ad eventi quali: i sismi, le alluvioni, le frane, le inondazioni e le esondazioni.
    La stipula è obbligatoria e le imprese che non rispettano tale adempimento rischiano di vedersi negare contributi pubblici, sovvenzioni e agevolazioni.
    Le compagnie assicurative, a loro volta, potranno essere multate dall’Ivass se negano la possibilità di sottoscrivere una polizza, l’ammenda varia dai 100mila ai 500mila euro.
    Le compagnie assicurative, inoltre, sono obbligate ad applicare un eventuale scoperto o franchigia non superiore al 15% del danno e premi proporzionali al rischio.

    Trasferimento diritti reali di godimento
    La legge di Bilancio 2024 prevede una novità relativa agli atti di cessione di diritti reali. Fino al 31.12.2023 i redditi derivanti dalla costituzione o trasferimento di un diritto reale di godimento, erano assoggettati a tassazione al pari di una cessione a titolo oneroso. Dal 1° gennaio 2024 invece, come per i redditi derivanti dalla concessione in usufrutto di beni immobili, anche quelli derivanti dalla costituzione degli altri diritti reali di godimento, ai fini delle imposte sui redditi, rientrano tra i redditi diversi.
    Esemplificando, in precedenza costituivano redditi diversi le plusvalenze derivanti da cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni nonché le plusvalenze realizzate a seguito della cessione a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria. Tale plusvalenza veniva calcolata come la differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo d’imposta e il prezzo di acquisto del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo.
    Dal 2024 invece le persone fisiche che stipuleranno un atto per la costituzione di un diritto reale su un terreno posseduto da più di cinque anni si vedranno assoggettata a tassazione la relativa plusvalenza.
    Inoltre, è stata apportata una modifica anche in merito alla tassazione derivante dalla cessione dei metalli preziosi, le cui plusvalenze a partire dal 2024 vengono tassate interamente.


    Altre novità in pillole
    CONTRASTO A PARTITA IVA FITTIZIE
    Sono ulteriormente rafforzati i controlli conseguenti all’attribuzione del numero di partita IVA, a esito dei quali l’Agenzia delle Entrate può invitare il contribuente a comparire di persona, includendo anche il caso in cui il provvedimento di cessazione della partita IVA sia stato notificato dall’ufficio al soggetto passivo che ha fatto apposita richiesta di chiusura nei 12 mesi precedenti.
    Nel caso di mancata comparizione di persona del contribuente ovvero di esito negativo dei riscontri operati sui documenti esibiti, l’ufficio emana un provvedimento di cessazione della partita IVA e irroga una sanzione pari a 3.000 euro.
    Inoltre, viene preclusa la compensazione “orizzontale” dei crediti fiscali e contributivi mediante il modello F24, a partire dalla data di notifica del provvedimento di cessazione della partita IVA.
    Per la riapertura della partita IVA è necessario il previo rilascio di polizza fideiussoria o fideiussione bancaria che abbia la durata di tre anni dalla data del rilascio e sia di importo non inferiore a 50.000 euro (salvo siano state commesse violazioni fiscali di ammontare più elevato).

    ALIQUOTE IVA
    Per i mesi di gennaio e febbraio 2024, così come per l’anno 2023, l’aliquota IVA riferita alle cessioni di pellet è stabilita nel 10%, in deroga all’aliquota del 22% prevista per tali prodotti in via ordinaria.
    È innalzata dal 5% al 10% l’aliquota IVA per:

  • il latte in polvere o liquido per l’alimentazione dei lattanti o dei bambini nella prima infanzia, condizionato per la vendita al minuto;
  • le preparazioni alimentari di farine, semole, semolini, amidi, fecole o estratti di malto per l’alimentazione dei lattanti o dei bambini, condizionate per la vendita al minuto (codice NC 1901.10.00);
  • i pannolini per bambini.
  • È innalzata dal 5% al 22% l’aliquota IVA per i seggiolini per bambini da installare negli autoveicoli.
    Per i prodotti assorbenti e tamponi, destinati alla protezione dell’igiene femminile, e per le coppette mestruali, l’aliquota IVA è innalzata dal 5% al 10%.

    IMU ENTI NON COMMERCIALI
    Viene precisato che l’esenzione dall’IMU per gli enti non commerciali deve interpretarsi nel senso che gli immobili dell’ente non commerciale si intendono:
  • “posseduti” anche se concessi in comodato ad un altro ente non commerciale, funzionalmente o strutturalmente collegato all’ente concedente, a condizione che l’ente comodatario svolga nell’immobile esclusivamente le attività istituzionali previste dall’art. 7 co. 1 lett. i) del DLgs. 504/92 (c.d. attività “protette”), con modalità non commerciali;
  • “utilizzati” anche in assenza di esercizio attuale delle attività istituzionali di cui sopra, purché detta assenza non determini la cessazione definitiva della strumentalità dell’immobi­le allo svolgimento delle predette attività.
  • RIFINANZIAMENTO SABATINI
    In relazione alla c.d. “nuova Sabatini”, di cui all’art. 2 del DL 69/2013, viene previsto l’incremento dello stanziamento di 100 milioni di euro per l’anno 2024.

    BONUS ASILI NIDO
    Si interviene sulla disciplina del contributo per il pagamento di rette per la frequenza di asili nido pubblici e privati autorizzati e di forme di assistenza domiciliare in favore di bambini con meno di 3 anni affetti da gravi patologie croniche (c.d. “bonus asili nido”), a sostegno delle famiglie con bambini nati o adottati a partire dall’1.1.2016.
    Le modifiche sono finalizzate ad aumentare l’importo del bonus in esame per i bambini nati a decorrere dall’1.1.2024 in nuclei familiari con un ISEE fino a 40.000 euro, nei quali sia già presente almeno un figlio di età inferiore ai 10 anni (c.d. “bonus secondo figlio”).
    L’importo massimo annuo della misura, inizialmente fissato a 1.000 euro, è stato prima aumentato a 1.500 euro e successivamente, dall’anno 2020, a un massimo di:

  • 000 euro per i nuclei familiari in possesso di un ISEE minorenni fino a 25.000 euro;
  • 500 euro per i nuclei familiari con un ISEE minorenni da 25.001 euro fino a 40.000 euro,
  • comprensivi di un incremento, rispettivamente, di 1.500 euro per i nuclei familiari fino a 25.000 euro e di 1.000 euro per quelli fino a 40.000 euro (superati i quali il bonus resta fisso a 1.500 euro).
    La norma in esame aumenta a 2.100 euro l’importo di tale incremento con riferimento ai nati dall’1.1.2024:
  • in nuclei familiari con un ISEE fino a 40.000 euro;
  • in cui sia già presente almeno un figlio di età inferiore ai 10 anni,
  • con la conseguenza che, dal 2024, l’importo del bonus per tali soggetti arriverà a 3.600 euro.
    Per le famiglie con un ISEE superiore alla soglia dei 40.000 euro l’importo resta fermo a 1.500 euro l’anno.

    CALCOLO ISEE
    Viene prevista, relativamente alla determinazione dell’ISEE, l’esclusione, fino al valore complessivo di 50.000 euro, dei titoli di Stato (es. BOT, BTP) e dei prodotti finanziari di raccolta del risparmio con obbligo di rimborso assistito dalla garanzia dello Stato.

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    OMAGGI DI FINE ANNO: i principali aspetti del regime fiscale nell’ambito delle imposte sui redditi e dell’IVA

    La concessione di omaggi da parte delle imprese e degli esercenti arti e professioni rappresenta un fatto usuale, in special modo in occasione di festività e ricorrenze.
    Di seguito si riepilogano i principali aspetti del regime fiscale di tali cessioni nell’ambito delle impo­ste sui redditi e dell’IVA.

    IMPRESE
    Gli oneri sostenuti per la distribuzione di omaggi possono assumere diversa natura reddituale a se­conda che il bene venga ceduto:
    - ai clienti;
    - ai dipendenti e ai soggetti fiscalmente assimilati (es. collaboratori coordinati e continuativi).

    OMAGGI AI CLIENTI


    In linea generale, gli oneri sostenuti per omaggi distribuiti ai clienti sono deducibili:
    - interamente, se il valore unitario dei beni in omaggio destinati ad uno stesso soggetto non su­pera i 50,00 euro;
    - nell’esercizio di competenza della spesa nel rispetto dei limiti percentuali previsti dall’art. 108 co. 2 del TUIR, se il valore unitario dell’omaggio supera i 50,00 euro, oppure se vengono da­te in omag­­­­­gio prestazioni di servizi o titoli rappresentativi delle stesse (es. tessere per en­tra­re al cine­ma, carnet per centro benessere), in quanto rientrano tra le c.d. “spese di rappre­sen­tanza”.

    Queste ultime sono deducibili in misura pari:
    - all’1,5% dei ricavi e altri proventi fino a 10 milioni di euro;
    - allo 0,6% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente 10 mi­lio­ni di euro e fino a 50 milioni di euro;
    - allo 0,4% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente 50 mi­lioni di euro.

    Tanto premesso, al fine di determinare il “valore unitario” dell’omaggio consegnato, occorre fare ri­fe­­rimento:
    - al regalo nel suo complesso (es. cesto natalizio), e non ai singoli beni che lo compongono;
    - al valore di mercato del bene;
    - al singolo cliente destinatario dell’omaggio.

    BENI AUTOPRODOTTI
    Per i beni autoprodotti dall’impresa (beni alla cui ideazione, produzione e commercializzazione è di­retta l’attività d’impresa che vengono prodotti dalla società o che sono commissionati a lavoranti e­sterni e acquistati dall’impresa per la successiva rivendita):
    - al fine di individuare le spese di rappresentanza da sottoporre al regime di deducibilità limi­tata, rileva il valore di mercato dell’omaggio;
    - una volta qualificata la spesa come di rappresentanza (se, quindi, il valore di mercato risulta superiore a 50,00 euro), ai fini del calcolo del limite di deducibilità concorre invece, per inte­ro, il costo di produzione effettivamente sostenuto dall’impresa, indipendentemente dal fatto che lo stesso sia inferiore o meno a 50,00 euro.

    Ad esempio, nel caso in cui l’omaggio autoprodotto abbia un valore di mercato pari a 80,00 euro e un costo di produzione di 40,00 euro:
    - l’omaggio costituisce una spesa di rappresentanza da sottoporre alla verifica del limite di de­ducibilità (valore di mercato superiore al limite di 50,00 euro);
    - ai fini del calcolo del plafond di deducibilità rileva l’importo di 40,00 euro, vale a dire il costo di produzione effettivo.

    Nel caso in cui il valore normale dell’omaggio autoprodotto sia inferiore o uguale a 50,00 euro, il co­sto effettivamente sostenuto per la produzione beneficia della deduzione integrale. Pertanto, ad esempio, qualora l’omaggio autoprodotto abbia un valore di mercato pari a 40,00 euro e un costo di produzione pari a 30,00 euro, l’omaggio è interamente deducibile per 30,00 euro.

    OMAGGI AI DIPENDENTI e ai soggetti assimilati

    In linea generale, il costo sostenuto dal datore di lavoro per l’acquisto di beni da destinare in omag­­­­­gio ai dipendenti e ai soggetti assimilati (es. collaboratori) è deducibile dal reddito d’impresa secon­do le norme relative ai costi per le prestazioni di lavoro. Tale regola non si applica alle spese di istruzione, educazione, ricreazione, di assistenza sociale e di culto che sono deducibili dal reddito d’impresa nel limite del 5 per mille delle spese per presta­zio­­ni di lavoro dipendente.
    Lato dipendenti, gli omaggi ricevuti in relazione al rapporto di lavoro concorrono a formare il reddito per il lavoratore dipendente; risultano tuttavia non imponibili gli omaggi ricevuti che, nel periodo d’im­po­sta 2023, non superino, insieme all’ammontare degli altri fringe benefit:
    - per i dipendenti senza figli fiscalmente a carico, la soglia ordinaria di 258,23 euro riconosciuta dall’art. 51 co. 3 del TUIR per i beni ceduti e i servizi prestati ai dipendenti (non anche per le somme relative al pagamento delle utenze domestiche);
    - per i dipendenti con figli fiscalmente a carico, la soglia di 3.000,00 euro, con possibilità di includervi anche le somme erogate o rimborsate ai medesimi dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale (art. 40 del DL 48/2023).

    A tale limite, per il 2023, si aggiungono i buoni benzina erogati ai dipendenti esclusi da imposizione fiscale per un massimo di 200,00 euro per lavoratore, ai sensi dell’art. 1 co. 1 del DL 5/2023 (c.d. “bonus carburante”).

    REGIME FORFETTARIO
    Non assumono alcuna rilevanza nella determinazione del reddito le spese per omaggi acquistati nel­l’ambito del regime forfetario, di cui alla L. 190/2014 (legge di stabilità 2015), in quanto, in tale re­gime, il reddito imponibile è quantificato tramite l’applicazione del coefficiente di red­di­tività previsto per la specifica attività svolta all’ammontare dei ricavi o compensi percepiti nel pe­riodo d’imposta. Ciò significa che le spese eventualmente sostenute non sono deducibili analiti­ca­mente, essendo il loro ammontare predefinito nel coefficiente di redditività.

    ESERCENTI ARTI E PROFESSIONI

    OMAGGI AI CLIENTI


    Il costo dei beni oggetto di cessione gratuita od omaggio alla clientela è deducibile dal reddito del professionista a titolo di spesa di rappresentanza, nel limite dell’1% dei compensi percepiti nel pe­rio­­­do d’imposta.

    OMAGGI AI DIPENDENTI o ai collaboratori


    Per i professionisti, il costo sostenuto per l’acquisto di beni dati in omaggio ai propri dipendenti (o col­laboratori) non è specificamente disciplinato.
    Il costo di tali omaggi dovrebbe essere integralmente deducibile dal reddito di lavoro autonomo pro­­fes­sionale, al pari di ogni altra spesa per prestazioni di lavoro dipendente o assimilato sostenu­ta dal professionista, dal momento che le liberalità ai dipendenti non rientrano tra le spese di rap­pre­­sen­tan­za, secondo la nozione fornita dal DM 19.11.2008 (applicabile anche al reddito di lavoro au­tonomo).

    IVA
    Le cessioni gratuite di beni ai clienti seguono la disciplina generale di imponibilità IVA, ad ecce­zio­ne dei beni non rientranti nell’attività propria dell’impresa, per i quali sono previsti alcuni casi di esclusione.

    Beni rientranti nell’attività propria dell’impresa


    Le cessioni gratuite di beni rientranti nell’attività d’impresa seguono la disciplina generale dell’art. 2 co. 2 n. 4 del DPR 633/72, il quale le considera “assimilate” alle cessioni “in senso stretto” e come tali imponibili IVA; di conseguenza, l’IVA a monte è detraibile. Ai fini della base imponibile, ai sensi dell’art. 13 co. 2 lett. c) del DPR 633/72, il valore da prendere a riferimento è dato “dal prezzo di acquisto o, in mancanza, dal prezzo di costo dei beni o di beni simili, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni”.

    Documentazione per la cessione


    La rivalsa dell’IVA non è obbligatoria per le cessioni gratuite di beni. In assenza di rivalsa, l’operazione può essere certificata, alternativamente:
    - emettendo, in un unico esemplare, un’autofattura con l’indicazione del prezzo di acquisto dei beni, dell’aliquota applicabile e della relativa imposta, specificando anche che trattasi di “au­to­­fat­tura per omaggi”. Tale documento, che deve essere annotato esclusivamente sul re­gi­stro IVA delle ven­dite, può essere emesso singolarmente per ciascuna cessione, ovvero mensilmente per tut­te le cessioni effettuate nel mese;
    - annotando, su un apposito “registro degli omaggi”, l’ammontare globale dei prezzi di acqui­sto dei beni ceduti gratuitamente, riferito alle cessioni effettuate in ciascun giorno, distinte per aliquota.

    Per la documentazione delle operazioni al dettaglio soggette a memorizzazione e trasmissione dei cor­rispettivi (art. 2 co. 5 del DLgs. 127/2015), risulta, tuttavia, consentita l’emissione della sola autofat­tura singola (e non anche di quella “mensile”), mentre non si potrà ricorrere al registro degli omaggi.

    Le autofatture per omaggi devono essere emesse in modalità elettronica ai sensi dell’art. 1 co. 3 del DLgs. 127/2015:
    - riportando i dati del cedente/prestatore sia nella sezione “Dati del cedente/prestatore” sia nella sezione “Dati del cessionario/committente”;
    - indicando “TD27” nel campo “tipo documento”.

    L’IVA non addebitata in rivalsa è indeducibile ai fini delle imposte sui redditi.

    Campioni gratuiti


    Sono escluse da IVA le cessioni gratuite di campioni:
    - di modico valore;
    - appositamente contrassegnati, in maniera indelebile; l’obbligo può essere correttamente assolto anche mediante l’apposizione di un’etichettatura, benché rimuovibile, sui beni o sull’in­volucro che li contiene;
    - che avvengono “per promuovere il bene, al fine di migliorarne la conoscenza e la diffusione pres­so gli utilizzatori, attuali e potenziali”.

    Beni non rientranti nell’attività propria dell’impresa


    Gli acquisti di beni destinati ad essere ceduti gratuitamente, la cui produzione o il cui commercio non rientra nell’attività propria dell’impresa, costituiscono sempre spese di rappresentanza, indi­pen­­­­­­­­de­ntemente dal costo unitario dei beni stessi.
    Per i beni non rientranti nell’attività propria dell’impresa (non essendo di propria produzione o com­mercio), la cessione gratuita è sempre esclusa da IVA.
    L’IVA relativa alle spese di rappresentanza, invece, è detraibile solo in relazione all’acquisto di be­ni di costo unitario non superiore a 50,00 euro.
    Pertanto, l’IVA “a monte” è:
    - detraibile, se il valore unitario del bene non è superiore a 50,00 euro;
    - indetraibile, se il valore unitario del bene è superiore a 50,00 euro.

    Omaggi ai dipendenti e ai soggetti assimilati


    I beni acquistati per essere ceduti a titolo di omaggio ai propri dipendenti e ai soggetti assimilati (es. collaboratori) non sono inerenti all’attività d’impresa e non possono nemmeno essere qua­lifi­cati come spese di rappresentanza; di conseguenza, la relativa IVA è indetraibile, mentre la loro ces­sione gratuita è esclusa dal campo di applicazione dell’imposta. Le medesime considerazioni valgono, altresì, per i servizi acquistati per essere resi a titolo di omaggio ai propri dipendenti e soggetti assimilati (indetraibilità dell’imposta relativa all’acquisto del servizio e successiva prestazione gratuita fuori campo IVA). Se gli omaggi sono rappresentati da beni oggetto dell’attività d’impresa, spetta la detrazione del­l’im­­posta, mentre la cessione gratuita è imponibile.

    CONCESSIONE DI “BUONI ACQUISTO” (VOUCHER)
    È ormai prassi diffusa concedere omaggi anche sotto forma di “buoni acquisto” (voucher), che con­­­sen­tono l’acquisto di beni/servizi negli esercizi convenzionati.

    Trattamento ai fini Iva


    La disciplina IVA applicabile all’emissione, al trasferimento e al riscatto dei voucher è stata riforma­ta recentemente. Le nuove disposizioni trovano applicazione per i buoni emessi successivamente al 31.12.2018.
    Nell’ambito dell’attuale disciplina, i voucher (o “buoni corrispettivo”) sono definiti come strumenti che contengono l’obbligo di essere accettati come corrispettivo o parziale corrispettivo a fronte di una cessione di beni o di una prestazione di servizi e che riportano sul supporto utilizzato o sulla relativa documentazione le informazioni necessarie a individuare i beni o servizi da cedere o prestare o le identità dei potenziali cedenti o prestatori, ivi incluse le condizioni generali di utilizzo dei buoni medesimi. Inoltre, nell’attuale disciplina, si distingue tra:
    - buoni “monouso”, se al momento dell’emissione risultano già noti tutti gli elementi che consentono di determinare il trattamento IVA applicabile all’operazione ad esso sottesa (es. natu­ra, qualità, quantità dei beni o servizi forniti). In tal caso la cessione di beni o la prestazione di servizi cui il buono-corrispettivo “monouso” dà diritto si considera effettuata all’atto dell’e­missione del buono-corrispettivo, nonché all’atto di ciascun trasferimento dello stesso antecedentemente al riscatto;
    - buoni “multiuso”, se la disciplina applicabile, ai fini IVA, alla cessione di beni o alla prestazione di servizi cui il buono-corrispettivo dà diritto non è nota al momento della sua emissione (ad esempio perché è possibile utilizzare il buono presso un dettagliante che cede beni soggetti ad aliquote IVA diverse). In tale ipotesi, l’operazione si considera effettuata solo nel momento in cui il buono è riscattato, dando luogo ad una cessione di beni o una prestazione di servizi (l’esigibilità dell’imposta sorge, quindi, secondo le ordinarie regole di cui all’art. 6 del DPR 633/72).

    Trattamento ai fini delle imposte dirette


    La deducibilità delle spese sostenute per l’acquisto di voucher che le imprese omaggiano ai propri clienti segue il trattamento delle spese di rappresentanza.
    Nel caso in cui i buoni acquisto siano concessi ai dipendenti, gli stessi costituiscono fringe benefit per i dipendenti per effetto del co. 3-bis dell’art. 51 del TUIR e i relativi costi rientrerebbero tra quelli deducibili per la società.

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    La gestione delle fatture di fine anno

    Negli ultimi giorni dell’anno occorre porre particolare attenzione al momento di emissione delle fatture attive, nonché alla data di ricezione di quelle di acquisto, considerati gli effetti che si determinano con riferimento, rispettivamente, all’esigibilità dell’IVA e al diritto alla detrazione dell’imposta.
    Nel presente documento verranno forniti gli strumenti utili alla gestione degli adempimenti legati alla fatturazione attiva e passiva.

    FATTURAZIONE ATTIVA
    I termini di emissione della fattura sono disciplinati dall’art. 21 co. 4 del DPR 633/72. In via ordinaria, il documento deve essere emesso entro 12 giorni dal momento di ef­fet­tuazione dell’operazione (ar. 21 co. 4 primo periodo del DPR 633/72). Tale momento coincide, in linea generale (art. 6 del DPR 633/72), con:
    - la consegna o spedizione dei beni mobili;
    - la stipula dell’atto di acquisto per i beni immobili;
    - il pagamento del corrispettivo per le prestazioni di servizi.
    Il pagamento del corrispettivo che avvenga antecedentemente al verificarsi degli even­­ti appena indicati (relativi a beni mobili e immobili), ha l’effetto di anticipare il mo­mento impositivo e, di conseguenza, l’obbligo di emissione della fattura.
    È bene sottolineare che l’obbligo di emissione della fattura non è annoverabile fra gli adempimenti per cui la Legge consente il rinvio al primo giorno lavorativo successivo, qualora il termine scada il sabato o in un giorno festivo. La fat­tura costituisce, infatti, un documento destinato alla controparte contrattuale ed è in­di­spensabile affinché il cessionario o committente possa esercitare il diritto alla detra­zio­ne dell’IVA.

    Fatturazione differita


    In deroga alla regola generale, che prevede l’emissione della fattura entro 12 giorni dall’effettuazione dell’operazione, la fattura può essere emessa in termini più ampi nei casi previsti dall’art. 21 co. 4 lett. a) - d) del DPR 633/72. Si veda, al proposito, la tabella seguente:

     

    Norma

    Tipo di operazione

    Termine di emissione della fattura

    Art. 21 co. 4 lett. a)
    del DPR 633/72

    (c.d. fattura “differita”)

    ·       Cessione di beni con DDT;

    ·       prestazioni di servizi identificate da idonea documentazione.

    Entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione

    Art. 21 co. 4 lett. b)
    del DPR 633/72

    (c.d. fattura “super-differita”)

    Cessioni di beni effettuate dal ces­sio­nario nei confronti di un soggetto terzo per il tramite del proprio ce­dente (c.d. “triangolari interne”)

    Entro il mese successivo a quello di effettuazione (consegna o spedizione dei beni)

    Art. 21 co. 4 lett. c)
    del DPR 633/72

    Prestazioni di servizi generiche ver­so soggetti passivi UE

    Entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione

    Art. 21 co. 4 lett. d)
    del DPR 633/72

    ·       Prestazioni di servizi generiche rese da soggetto passivo extra-UE verso soggetto passivo sta­bilito in Italia;

    ·       prestazioni di servizi diverse da quel­le di cui agli artt. 7-quater e 7-quinquies del DPR 633/72 rese da soggetto passivo italiano verso soggetto passivo extra-UE.

    Entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione

     

    Fatturazione elettronica - Codici “Tipo Documento”


    Si riportano, di seguito, i codici “TD” (“Tipo Documento”), da utilizzare nella predi­sposizione della fattura elettronica, immediata o differita.

    Tipologia del documento

    Codice

    Fattura immediata

    TD01

    Acconto o anticipo su fattura

    TD02

    Parcella

    TD06

    Tipologia del documento

    Codice

    Acconto o anticipo su parcella

    TD03

    Fattura semplificata

    TD07

    Fattura differita (art. 21 co. 4 lett. a) del DPR 633/72)

    TD24

    Fattura super-differita (art. 21 co. 4 lett. b) del DPR 633/72)

    TD25

    Data di emissione e data di effettuazione

    L’art. 21 co. 2 lett. g-bis) del DPR 633/72 dispone che tra le indicazioni che devono essere riportate in fattura figuri anche la “data in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi” ovvero la “data in cui è corrisposto in tutto o in parte il cor­rispettivo, sempreché tale data sia diversa dalla data di emissione della fattura”.
    L’Agenzia delle Entrate ha precisato, con riguardo alle fatture elettroniche inviate me­dian­te Sistema di Interscambio, che quest’ultimo “ne attesta inequivocabilmente e tra­sversalmente (all’emittente, al ricevente e all’Amministrazione finanziaria) la data (e l’orario) di avvenuta «trasmissione»”; è, pertanto, possibile “assumere che la data ri­por­­tata nel campo «Data» della sezione «Dati Generali» del file della fattura elet­tro­nica sia sempre e comunque la data di effettuazione dell’operazione” (circ. Agenzia delle Entrate 17.6.2019 n. 14).

    Esemplificando, ipotizzando che una cessione di beni si consideri effettuata il 29.12.2023 (data della consegna), il soggetto passivo potrebbe:
    - emettere (ossia generare e inviare al SdI) il documento nello stesso giorno; in questo caso “data dell’operazione” e “data di emissione” coincidono; nel campo “Data” della sezione “Dati Generali” è indicato il giorno 29.12.2023;
    - generare il documento il giorno della cessione e trasmetterlo al SdI entro i 12 gior­ni successivi (ad esempio il 3.1.2024); nel campo “Data” della sezione “Dati Ge­nerali” del file XML, viene sempre riportata la data dell’operazione (29.12.2023), ma l’emissione si perfezionerà al momento della ricezione senza scarto attestata dal SdI (ad esempio il 3.1.2024);
    - generare e inviare al SdI il documento in uno qualsiasi dei giorni intercorrenti tra la data dell’operazione (29.12.2023) e il termine ultimo di emissione (10.1.2024); anche in questo caso nel campo “Data” della sezione “Dati Generali” del file XML, viene sempre riportata la data dell’operazione (29.12.2023), mentre l’emissione si per­fe­zionerà al momento della ricezione senza scarto attestata dal SdI (ad esempio il 3.1.2024).

    Per quanto concerne le fatture differite, nella circ. 14/2019, l’Agenzia delle Entrate aveva precisato che, in presenza di più operazioni, nel campo “Data” poteva essere indicata la data dell’ultima operazione effettuata. Successivamente, la stessa Ammi­nistrazione finanziaria ha chiarito che, in alternativa e a seconda dei casi, il soggetto emittente potrà riportare il giorno di emissione della stessa o la data di fine mese “rappresentativa del momento di esigibilità dell’imposta” (risposta a interpello Agenzia delle Entrate 24.9.2019 n. 389).

    ESIGIBILITA' DELL'IVA
    Secondo la consolidata prassi nazionale, l’esigibilità dell’IVA è il “diritto dell’Erario a per­cepire il tributo a partire da un determinato momento”. Ne discende che il momento di esigibilità dell’IVA rappresenta il riferimento per l’imputazione delle operazioni ai rispettivi periodi di liquidazione dell’imposta.
    Il soggetto passivo, in sede di liquidazione periodica, deve porre a confronto l’am­montare dell’imposta esigibile nel periodo e quello dell’IVA per la quale, nello stesso mese, è sorto e viene esercitato il correlativo diritto alla detrazione.
    La normativa nazionale stabilisce che l’imposta diviene esigibile, salvo specifiche ec­ce­zioni, nel momento in cui le operazioni “si considerano effettuate” (art. 6 co. 5 del DPR 633/72).
    L’emissione di fattura in modalità differita ai sensi dell’art. 21 co. 4 lett. a), c) e d) del DPR 633/72 non produce l’effetto di posticipare l’esigibilità dell’imposta, per cui l’IVA deve essere computata nella liquidazione periodica relativa al mese di effettuazione dell’operazione.

    L’esigibilità dell’IVA non coincide con il momento di effettuazione, invece, nel caso del­le c.d. cessioni “triangolari interne”, per le quali l’art. 21 co. 4 lett. b) del DPR 633/72 consente al secondo cedente di emettere la fattura nei confronti del terzo entro il mese successivo a quello di consegna o spedizione dei beni da parte del primo cedente.

    Esempio 1a- Fattura immediata


    Un professionista che adotta la liquidazione trimestrale per opzione ex art. 7 del DPR 542/99, incassa i corrispettivi per due diverse prestazioni di consulenza in data 22.12.2023 e 29.12.2023.
    Il soggetto passivo:
    - genera e trasmette una parcella con codice TD06 in data 22.12.2023, ottenendo dal SdI conferma dell’avvenuto inoltro al cliente;
    - genera e trasmette il 2.1.2024 una parcella con codice TD06, riportando la data di effettuazione del 29.12.2023 nel campo “Data” del file XML; ottenendo dal SdI con­ferma dell’avvenuto inoltro al cliente.
    La seconda fattura, pur essendo stata trasmessa nel mese di gennaio 2024 (entro i termini previsti dall’art. 21 co. 4 primo periodo del DPR 633/72), confluirà nella li­qui­dazione del IV trimestre 2023. L’IVA, infatti, è esigibile in tale periodo, posto che il momento di effettuazione si è realizzato il giorno 29.12.2023

    Momento di effettuazione

    Data di emissione/
    trasmissione

    Liquidazione periodica

    22.12.2023

    22.12.2023

    IV trimestre 2023
    (soggetto “trimestrale per opzione”)

    29.12.2023

    2.1.2024

    IV trimestre 2023
    (soggetto “trimestrale per opzione”)

     

    Esempio 2a - Fattura differita

    Una società con liquidazione periodica mensile consegna beni a uno stesso cliente, in data 6.12.2023, 19.12.2023 e 28.12.2023.
    Il soggetto genera, in data 28.12.2023, una fattura differita (codice TD24), che viene trasmessa al SdI entro il 15.1.2024. La fattura non è scartata dal SdI e viene inoltrata al cliente.
    Il soggetto passivo inserisce la fattura e l’imposta corrispondente nel mese di di­cem­bre 2023, dal momento che l’emissione del documento differito non ha effetto di po­sticipare l’esigibilità dell’imposta.

    Momento di effettuazione

    Data di emissione/
    trasmissione

    Liquidazione periodica

    6.12.2023

    15.1.2023

    Dicembre 2023

    19.12.2023

    28.12.2023

     

    Esempio 3a - Fattura super-differita

    Un soggetto passivo è promotore di una operazione “triangolare interna”. Il bene acquistato dal primo cedente italiano è spedito da quest’ultimo il 20.12.2023.
    Conformemente a quanto disposto dall’art. 21 co. 4 lett. b) del DPR 633/72, il pro­motore (primo cessionario o secondo cedente) emette fattura (codice TD25) nei con­fronti del proprio cliente il 31.1.2024 (i.e. entro il mese successivo a quello di con­se­gna o spedizione dei beni da parte del primo cedente).
    Benché la spedizione sia avvenuta nel il 20.12.2023 (momento di effettuazione), l’IVA in questo caso sarà esigibile nel mese di gennaio 2024.

    Momento di effettuazione

    Data di emissione/
    trasmissione

    Liquidazione periodica

    20.12.2023

    31.1.2024

    Gennaio 2024

    ESERCIZIO DELLA DETRAZIONE

    L’esercizio della detrazione dell’IVA è, in linea generale, subordinato all’esistenza di un duplice requisito. Il termine iniziale per l’esercizio del suddetto diritto è infatti in­di­vi­duato nel momento in cui si verifica, in capo al cessionario o committente, la duplice condizione:
    - dell’avvenuta esigibilità dell’imposta (requisito sostanziale);
    - del possesso di una fattura redatta in conformità alle disposizioni di cui all’art. 21 del DPR 633/72 (requisito formale).

    Possesso della e-fattura - Presa visione


    Se il recapito di una fattura elettronica non è possibile, il documento viene messo a disposizione del soggetto passivo nell’area riservata del sito web dell’Agenzia delle Entrate e il cedente/prestatore ne dà comunicazione al cessionario/committente. In tal caso, la data di ricezione coincide con il momento in cui il cessionario o com­mittente prende visione del documento.
    L’Agenzia delle Entrate, con risposta a interpello 26.9.2023 n. 435, ha affermato che tale azione non può essere arbitrariamente procrastinata, posto che da ciò con­se­guirebbe un indebito rinvio del dies a quo per l’esercizio della detrazione.

    In linea generale, il soggetto passivo che adotta la liquidazione periodica mensile dell’IVA, entro il giorno 16 di ciascun mese, “determina la differenza tra l’ammontare complessivo dell’imposta sul valore aggiunto esigibile nel mese precedente, risultante dalle annotazioni eseguite o da eseguire nei registri relativi alle fatture emesse o ai cor­rispettivi delle operazioni imponibili, e quello dell’imposta, risultante dalle an­no­tazioni eseguite, nei registri relativi ai beni ed ai servizi acquistati, sulla base dei do­cumenti di acquisto di cui è in possesso e per i quali il diritto alla detrazione viene esercitato nello stesso mese ai sensi dell’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633” (art. 1 del DPR 100/98).
    Entro lo stesso termine (16 di ciascun mese) può essere esercitato il diritto alla de­tra­zione dell’imposta relativa alle fatture di acquisto ricevute e annotate entro il 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione” (art. 1 del DPR 100/98). Tale regola trova un’eccezione “per i documenti di acquisto relativi ad operazioni ef­fettuate nell’anno precedente” (art. 1 del DPR 100/98).
    La deroga prevista per le c.d. fatture “a cavallo d’anno” vale anche nel caso di li­qui­dazione periodica trimestrale dell’IVA.

    Effetti operativi della deroga per le fatture “a cavallo d’anno”


    Trasponendo a livello concreto il dettato normativo, quindi, non è consentito l’eser­cizio della detrazione nella liquidazione riferita al mese di dicembre 2023 (entro il ter­mine del 16.1.2024 per i soggetti passivi che adottano la liquidazione pe­riodica mensile) per gli acquisti di beni o le prestazioni di servizi ricevute il cui momento di effettuazione si verifica nel mese di dicembre 2023 ma la fattura è rice­vuta e an­notata nel registro degli acquisti nei primi 15 giorni di gennaio 2024.

    Novità della legge delega di riforma fiscale


    Nell’ambito della revisione della disciplina relativa alla detrazione IVA, la legge dele­ga di riforma fiscale introduce un correttivo che consentirà di esercitare il diritto an­che con riferimento all’imposta indicata su fatture di acquisto relative ad ope­razioni effettuate nell’anno precedente, ma ricevute dal cessionario o prestatore nei primi 15 giorni di gennaio.
    L’art. 7 co. 1 lett. d) n. 3 della L. 111/2023 elimina la limitazione prevista dall’art. 1 del DPR 100/98, prevedendo che “in relazione ai beni e servizi acquistati o importati per i quali l’esigibilità dell’imposta si verifica nell’anno precedente a quello di rice­zio­ne della fattura, il diritto alla detrazione possa essere esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui la fattura è ricevuta”. Come riportato nella rela­zione illustrativa, si potrà conseguentemente ritenere superata la previ­sione in base alla quale la detrazione non può essere esercitata nel periodo in cui l’imposta è divenuta esigibile, ma in quello di ricezione del documento.
    TUTTAVIA, AFFINCHE’ SIA OPERATIVA TALE PREVISIONE DI FAVORE, OCCORRE ATTENDERE L’INSERIMENTO DI QUANTO PREVISTO NELLA LEGGE DELEGA DI RIFORMA FISCALE NEI RELATIVI DECRETI DISPOSITIVI E, PERTANTO, SI POTRA’ SFRUTTARE SOLO A DICEMBRE DEL 2024.

    Va ricordato, infine, che nel caso in cui il cessionario o committente riceva entro il me­se di dicembre 2023 una fattura (requisito formale per la detrazione) relativa ad un acquisto effettuato nell’anno 2023 (requisito sostanziale per la detrazione), saranno consentite le seguenti due scelte alternative:
    - annotazione del documento nel registro degli acquisti (art. 25 del DPR 633/72) nel mese di dicembre 2023 con inserimento dell’IVA nella relativa liquidazione;
    - registrazione del documento, al più tardi, entro il 30.4.2024 (termine di presen­ta­zione della dichiarazione IVA relativa all’anno 2023) in un’apposita sezione del registro IVA degli acquisti relativo a tutte le fatture ricevute nel 2023. L’imposta a credito concorrerà a formare il saldo della dichiarazione annuale IVA relativa al 2023 (circ. Agenzia delle Entrate 17.1.2018 n. 1).

    Effettuazione dell’acquisto

    Ricezione della fattura

    Registrazione dell’acquisto

    Detrazione dell’IVA

    2023

    2023

    2023

    2023
    (entro 30.4.2024)

    2023

    2023

    2024
    (entro 30.4.2024)
    in apposito sezionale con riferimento a 2023

    2023
    (entro 30.4.2024)

    2023

    2024

    2024

    2024
    (entro 30.4.2025)


    Infatti, si ricorda che, per quanto riguarda il termine ultimo per la detrazione dell’IVA, la norma di riferimento è sempre l’articolo 19 del DPR n. 633/72.
    Art. 19 del DPR n. 633/72

    il diritto alla detrazione IVA può essere esercitato con riferimento all’anno solare nel corso del quale l’imposta è divenuta esigibile, al più tardi con la corrispondente dichiarazione annuale”


    Di fatto, la norma, limita la detrazione Iva ai quattro mesi successivi all’anno in cui l’imposta è divenuta esigibile. Pertanto, come detto, la registrazione delle fatture deve eseguirsi anteriormente alla liquidazione periodica nella quale è esercitato il diritto alla detrazione e, comunque, entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno di ricezione della fattura e con riferimento al medesimo anno.
    Decorso il termine per l’invio della dichiarazione Iva, il diritto alla detrazione deve ritenersi perso, tranne nel caso di invio di una integrativa a favore, non oltre il termine stabilito dall’articolo 57 del DPR n. 633/72 (ovvero entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione originaria).

    Esempio 1b


    Si pensi al professionista di cui all’esempio 1a.
    Il cliente che ha pagato il corrispettivo il 22.12.2023 avrà ragionevolmente ricevuto la fattura nei giorni immediatamente successivi (ad es. il 24.12.2023).
    Per questo motivo il committente avrà titolo a portare in detrazione l’IVA nel mese di dicembre 2023 o al più tardi entro il termine per la presentazione della dichiarazione IVA relativa al periodo 2023 in cui si sono verificati entrambi i requisiti dell’esigibilità (sostanziale) e del possesso (formale).

    Momento di effettuazione

    Data di ricezione

    Liquidazione periodica da cui può essere esercitata la detrazione

    22.12.2023

    24.12.2023

    Dicembre 2023

     

    Esempio 2b


    Facendo sempre riferimento al caso del professionista di cui all’esempio 1a, il cliente che ha pagato il compenso il giorno 29.12.2023, riceve la fattura (emessa dal pro­fessionista il 2.1.2024), il giorno 4.1.2024. Il questo caso, il presupposto sostanziale si è verificato nel 2023, posto che l’ope­ra­zione si intende effettuata al momento del pagamento del corrispettivo, il 29.12.2023.
    Tuttavia, sino al 4.1.2024 non si verifica il requisito (formale) del possesso del docu­mento. Ciò sta a significare che entrambi i presupposti per l’esercizio della detrazione (for­male e sostanziale) si verificano soltanto a decorrere dal 4.1.2024.
    Ne discende che il committente potrà, alternativamente:
    - annotare la fattura nel registro degli acquisti (art. 25 del DPR 633/72) nel mese di gennaio 2024 con inserimento dell’IVA nella relativa liquidazione;
    - registrare il documento, al più tardi, entro il 30.4.2025 (termine di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno 2024) in un’apposita sezione del registro IVA degli acquisti relativo a tutte le fatture ricevute nel 2024. L’imposta a credito concorrerà a formare il saldo della dichiarazione annuale IVA relativa al 2024 (circ. Agenzia delle Entrate 17.1.2018 n. 1).

    Momento di effettuazione

    Data di ricezione

    Liquidazione periodica da cui può essere esercitata la detrazione

    29.12.2023

    4.1.2024

    Gennaio 2024

     

    Esempio 3b


    Facendo riferimento al caso dell’esempio 2a, il cessionario riceve i beni nel mese di di­cembre (6.12.2023, 19.12.2023 e 28.12.2023). Il presupposto sostanziale per l’eser­cizio della detrazione si verifica dunque nel 2023.
    Tuttavia, considerato che il cedente ha emesso fattura differita il 15.1.2024, e ipo­tiz­zando che il cliente abbia ricevuto il documento il giorno successivo (16.1.2024), il re­quisito formale del possesso della fattura si è verificato nel 2024.
    Ciò sta a significare che entrambi i presupposti per l’esercizio della detrazione (formale e sostanziale) si verificano soltanto a decorrere dal 16.1.2024.
    Ne discende che il committente potrà, alternativamente:
    - annotare la fattura nel registro degli acquisti (art. 25 del DPR 633/72) nel mese di gennaio 2024 con inserimento dell’IVA nella relativa liquidazione;
    - registrare il documento, al più tardi, entro il 30.4.2025 (termine di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno 2024) in un’apposita sezione del registro IVA degli acquisti relativo a tutte le fatture ricevute nel 2024. L’imposta a credito concorrerà a formare il saldo della dichiarazione annuale IVA relativa al 2024 (circ. Agenzia delle Entrate 17.1.2018 n. 1).

    ­­­Momento di effettuazione

    Data di ricezione

    Liquidazione periodica da cui può essere esercitata la detrazione

    6.12.2023

    16.1.2024

    Gennaio 2024

    19.12.2023

    28.12.2023

     

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    Flash News: variazione tasso interesse legale, diritti impianti fotovoltaici e registri

    Si forniscono alcuni aggiornamenti di interesse:

    Variazione saggio interesse legale
    Con il DM 29.11.2023, pubblicato sulla G.U. 11.12.2023 n. 288, il tasso di interesse legale di cui all’art. 1284 c.c. è stato ridotto dal 5% al 2,5% in ragione d’anno.
    La variazione del tasso legale ha effetto anche in relazione ad alcune disposizioni fiscali e contri­­­butive.
    Decorrenza
    Il nuovo tasso di interesse legale del 2,5% si applica dall’1.1.2024
    Ravvedimento operoso
    La riduzione del tasso di interesse legale comporta la diminuzione degli importi dovuti in caso di ravve­­­dimento operoso ai sensi dell’art. 13 del D. Lgs. 18.12.97 n. 472.
    Per regolarizzare gli omessi, insufficienti o tardivi versamenti di tributi mediante il ravvedimento ope­­ro­so, infatti, occorre corrispondere, oltre alla prevista sanzione ridotta, anche gli interessi moratori cal­­colati al tasso legale, con maturazione giorno per giorno, a partire dal giorno successivo a quello entro il quale doveva essere assolto l’adempimento e fino al giorno in cui si effettua il paga­mento.

    Il tasso legale da applicare è quello in vigore nei singoli periodi, secondo un criterio di pro-rata tem­poris, ed è quindi pari:
    - allo 0,1%, dall’1.1.2017 al 31.12.2017;
    - allo 0,3%, dall’1.1.2018 al 31.12.2018;
    - allo 0,8%, dall’1.1.2019 al 31.12.2019;
    - allo 0,05%, dall’1.1.2020 al 31.12.2020;
    - allo 0,01%, dall’1.1.2021 al 31.12.2021;
    - all’1,25%, dall’1.1.2022 al 31.12.2022;
    - al 5%, dall’1.1.2023 al 31.12.2023;
    - al 2,5%, dall’1.1.2024 fino al giorno di versamento compreso.

    Rateizzazione delle somme dovute in seguito all’adesione ad istituti deflativi del contenzioso


    La riduzione al 2,5% del tasso di interesse legale rileva anche in caso di opzione per il versa­mento rateale delle somme dovute per effetto degli istituti deflativi del contenzioso, sia quelli a regime (accertamento con adesione; acquiescenza all’accertamento; conciliazione giudiziale), sia per le definizioni agevolate per la c.d. “pace fiscale” (definizione agevolata dei processi verbali di constatazione; degli avvisi di accertamento o in rettifica; degli avvisi di liquidazio­ne e degli atti di recupero; degli inviti al contraddittorio degli accertamenti con adesione sottoscritti entro il 24.10.2018; delle controversie tributarie pen­denti); sia per le definizioni agevolate per la c.d. “tregua fiscale”, (definizione agevolata degli accertamenti con adesione; degli avvisi di accertamento, di rettifica, di liquidazione e di recupero dei crediti d’imposta; delle controversie tributarie; conciliazione agevolata delle controversie tributarie; regolarizzazione degli omessi pagamenti di rate dovute a seguito di acquiescenza, accerta­mento con adesione, reclamo o mediazione e conciliazione giudiziale).

    Misura degli interessi non computati per iscritto


    La nuova misura del 2,5% del tasso legale rileva anche per il calcolo degli interessi, non deter­mi­nati per iscritto, in relazione:
    - ai capitali dati a mutuo (art. 45 co. 2 del TUIR);
    - agli interessi che concorrono alla formazione del reddito d’impresa (art. 89 co. 5 del TUIR).

    Rateizzazione dell’imposta sostitutiva dovuta per la rivalutazione delle partecipazioni e dei terreni


    La riduzione del tasso legale al 2,5% non rileva invece in relazione alla rateizzazione dell’im­posta so­stitutiva dovuta per la rideterminazione del costo o valore di acquisto delle partecipazioni e dei terreni, ai sensi, rispettivamente, degli artt. 5 e 7 della L. 28.12.2001 n. 448 (Finan­ziaria 2002) e successive modifiche ed integrazioni. In tal caso gli interessi dovuti per la rateizzazione rimangono fermi al 3%, in quanto tale misura non è collegata al tasso legale.

    Adeguamento dei coefficienti dell’usufrutto e delle rendite ai fini delle imposte indirette


    Con un successivo DM saranno adeguati al nuovo tasso di interesse legale del 2,5% i coeffi­cien­ti per la determinazione del valore, ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria, catastale, di succes­sio­ne e donazione:
    - delle rendite perpetue o a tempo indeterminato;
    - delle rendite o pensioni a tempo determinato;
    - delle rendite e delle pensioni vitalizie;
    - dei diritti di usufrutto a vita.

    I nuovi coefficienti si applicheranno agli atti pubblici formati, agli atti giudiziari pubblicati o emanati, alle scritture private autenticate e a quelle non autenticate presentate per la registrazione, alle suc­­­ces­­sioni apertesi e alle donazioni fatte, a decorrere dall’1.1.2024.

    Effetti ai fini contributivi


    La variazione del tasso legale ha effetto anche in relazione alle sanzioni civili previste per l’omes­so o ritardato versamento di contributi previdenziali e assistenziali.
    In tal caso, infatti, le sanzioni civili possono essere ridotte fino alla misura del tasso di interesse legale, quindi al 2,5% dall’1.1.2024, in caso di:
    - oggettive incertezze dovute a contrastanti orientamenti giurisprudenziali o determinazioni am­­­mi­­ni­strative sull’esistenza dell’obbligo contributivo;
    - fatto doloso di terzi, denunciato all’autorità giudiziaria;
    - crisi, riconversione o ristrutturazione aziendale di particolare rilevanza sociale ed economica in relazione alla situazione occupazionale locale ed alla situazione produttiva del settore;
    - aziende agricole colpite da eventi eccezionali;
    - aziende sottoposte a procedure concorsuali;
    - enti non economici e di enti, fondazioni e associazioni non aventi fini di lucro.

    La nuova misura minima della sanzione, pari al 2,5%, si applica ai contributi con scadenza di pa­ga­mento a partire dall’1.1.2024.

    Diritti annuali impianti fotovoltaici e vidimazione registri
    Il D. Lgs. 504 / 1995 - “Testo Unico Accise” stabilisce per tutti i soggetti, pubblici e privati, responsabili della gestione di impianti fotovoltaici, di potenza superiore a 20 kWP, in possesso di licenza di officina elettrica rilasciata dall’Agenzia delle Dogane al momento dell’allaccio dell’impianto alla rete elettrica, i seguenti obblighi.

    1 - Versamento diritti annuali per l’anno 2024

    Premesso che ciascun impianto fotovoltaico di potenza superiore a 20 kWP deve avere un’apposita licenza rilasciata dall’Agenzia delle Dogane, in base a tale licenza, si possono avere due casi:
    Soggetto non obbligato, se la licenza riporta la dicitura: “Trattasi di fabbricante che immette in rete tutta l’energia prodotta”. In tal caso, non si deve versare nulla;
    - Soggetto obbligato, se la licenza riporta la dicitura: “Officina di produzione da altre fonti rinnovabili”. In tal caso, si è tenuti al versamento dei diritti annuali e la stessa licenza dovrebbe riportare anche la dicitura “Il diritto di licenza, pari a € …., è stato assolto in data …”;

    Tutti i soggetti, che risultano essere soggetti obbligati come sopra illustrato, dovranno versare il diritto di licenza per l’anno 2024, in misura fissa pari a € 23,24. Il versamento deve essere fatto tramite Mod. F24 (Cod. Tributo 2813), indicando il codice fiscale del contribuente ed il codice ditta dell’impianto (ad es. MNE012345X);

    2 - Vidimazione annuale registri di produzione


    Tutti i soggetti obbligati, come sopra specificato, ossia tutti gli impianti classificati come “Officina di produzione da altre fonti rinnovabili”, sono obbligati alla tenuta del registro annuale di produzione, vidimato dall’Agenzia delle Dogane. Anche in questo caso, si possono avere diverse casistiche:
    - Soggetti non obbligati: impianti per cui non è richiesta la tenuta del registro; si precisa che tale esonero si rileva dal verbale di verifica di primo impianto, ossia dal verbale del sopralluogo compiuto dall’Agenzia delle Dogane che poi ha rilasciato la licenza di esercizio, che non prevede l’obbligo di tenuta dei registri; 
    Soggetti obbligati: impianti che hanno il registro di produzione, in quanto tale adempimento risulta nell’elenco degli adempimenti riportato nel citato verbale di verifica di primo impianto, che possono avere un registro annuale o biennale, oppure anche triennale. Se il registro è annuale, o comunque si conclude con l’anno 2023, entro il 31/12/2023, si dovrà provvedere alla vidimazione annuale degli appositi registri di produzione. A tal fine, si allega un modello di richiesta, da riportare su carta intestata della società \ Ente, compilare con i dati della società \ Ente e dell’impianto, far firmare al legale rappresentante e presentare presso la sede dell’Agenzia delle Dogane.

    Allegato 1 - Lettera a Dogana per richiesta vidimazione registri


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